domenica 1 febbraio 2009

La campagna Greco-Albanense


Nell'aprile 1939 la "Julia" fu impiegata nell'occupazione dell'Albania, dove rimase, al termine dell'operazione, per presidiare la zona settentrionale (provincia di Scutari). Ai primi di ottobre del 1940 si spostò verso il confine greco-albanese, prendendo posizione presso l'Osum e la Vojussa, nell'imminenza dell'apertura delle ostilità contro la Grecia. Un mese prima circa il comando della Divisione era stato assunto dal generale Mario Girotti, che avrebbe guidato l'unità alpina fino alla conclusione della Campagna di grecia. L'ultimatum alla nazione ellenica fu consegnato dall'ambasciatora italiano ad Atene alle ore 3 del mattino del 28 ottobre. Conteneva richieste tali da far trasparire chiaramente il carattere pretestuoso del documento e la volontà del Governo italiano di aggredire comunque la Grecia. tredici giorni prima, infatti, in una riuniuone a Palazzo Venezia, Mussolini aveva comunicato la decisione di iniziare l'azione contro il regno ellenico.
All'alba del 28 ottobre 1940 ebbe inizio l'offensiva. La Divisione "Julia" era composta dall'8° Reggimento alpini (battaglioni "Tolmezzo", "Gemona" e "Cividale"), dal 9° Alpini (battaglioni "Vicenza" e "L'Aquila"), dal 3° Artiglieria da montagna (gruppi "Conegliano" e "Udine") e da altri reparti minori: complessivamente 278 ufficiali, 8.863 sottufficiali e soldati semplici, 20 pezzi, 2.316 quadrupedi. All'unità il Comando superiore d'Albania aveva affidato il seguente compito: partendo dalla zona di Erseke-Leskoviku (in territorio albanese), bloccare i passi di Metzovo e di Drisko, per impedire alle truppe greche dell'Epiro di congiungersi con quelle della Tessaglia. L'ordine del Comando superiore prevedeva per la "Julia" un'azione rapida e decisa, una marcia al nemico durante la quale la Divisione non "deve costituire una linea permanente di rifornimenti, lasciando drappelli a protezione di essa", ma dve contare su "un'autonomia logistica" e "su nessuna affluenza da tergo per un certo tempo". "Quando la coda di ognuno dei battaglioni sia sfilata per un determinato punto -si leggeva nel documento- dietro ad essa non deve rimanere che il vuoto. La Divisione alpina "Julia" non guarda indietro e porta tutto con sè, anche la sua fortuna."
Con quanta leggerezza il Comando superiore avesse diramato queste disposizioni, prevedendo una fin troppo facile avanzata, apparirà amaramente evidente due settimane più tardi. L'azione, che doveva concludersi nell'arco di cinque o sei giorni (gli alpini erano stati dotati di viveri per tale periodo e i muli disponevano di cinque razioni di foraggio) durò invece 14 giorni: due settimane di sangiunosa avanzata, seguite da un altrettanmto tragico ripiegamento, che costarono alla "Julia" 49 ufficiali e 1.625 alpini.
Il ripiegamento fu massacrante. Il 10 novembre il grosso dell'8° si raccolse a Konitsa, mentre il 9° mantenne il possesso della sella Cristobasileus. A sera la divisione "Bari" assunse la responsabilità del settore, trattenendo alle proprie dipendenze il 9° Alpini, mentre gli altri reparti della "Julia" ripiegarono a Premeti per riordinarsi. In seguito allo sviluppo degli avvenimenti il Comando di Divisione ritornò in linea, disponendo del 9° Alpini e del gruppo "Udine", mentre l'8° Alpini e il gruppo "Conegliano" passarono alle dipendenze della "Bari". Nei giorni precedenti , nonostante la tenacissima resistenza, la sella Cristobasileus fu abbandonata e la difesa fu organizzata su quella di Sant'Attanasio. Il giorno 16 alla divisione "Julia" fu affidato il settore del Ponte di Perati. La crescente pressione nemica, perticolarmente al centro e alla sinistra della Vojussa, e le numerose infiltrazioni, resero necessario un restrigimento della fronte ai soli ponti di Perati e Bourazani; il 19 i reparti ripiegarono sulle alture di destra del Sarandaporos. Il 21 l'offensiva si accentuò sulle ali e, dopo sei ore di strenui combattimenti, di fronte all'intervento di nuove unità nemiche, apparve necessario far saltare il ponte. La sera del 23 il Comando d'Armata ordinò alla "Julia" di assumere la difesa della conca di Frasheri. Alla Divisione furono assegnati due battaglioni alpini e due gruppi d'artiglieria, ma i reparti erano duramente provati. Gli attacchi ellenici dei giorni successivi furono respinti, ma il 29 l'offensiva riuscì a superare le difese italiane e a puntare sul monte Taborj: fu arrestata dal 9° Alpini.
Successivamente l'unità venne spostata sulla sinistra dell'Osum, sul Chiarista-Fratarit e lungo l'Ambum. Il 6 dicembre ci fu il contatto col nemico che sferrò ripetuti attacchi appoggiati dall'artiglieria. Ma anche i Greci erano esausti, attenuando gli attacchi. L'attività nemica riprese il 23 dicembre, con obiettivi il Chiarista e il Fratarit, che bennero presi dai Greci il 30. Gli alpini furono costretti a ripiegare sul Mali Topajanit, attaccata inutilmente dai soldati ellenici. La "Julia", ridotta ad un pugno di alpini, venne inviata, il 10 gennaio, a dofendere il punto di congiunzione tra le divisioni "Lupi di Toscana" e "Bari". Dopo 15 giorni venne inviata nelle retrovie per essere ricostituita. In questa seconda fase della guerra la "Julia" aveva perso 153 ufficiali e 3.644 sottufficiali e soldati.
Il 22 febbraio la "Julia", forte di 348 soldati e 10.141 sottufficiali e soldati, fu assegnata al XXV Corpo d'Armata, col compito di sostituire la "Legnano" nel settore del Golico e dello Scindeli. Qui, dal 28 febbraio al 24 marzo, la Divisione fu impegnata nella battaglia di logoramento di Tepeleni. Ai primi violenti attacchi del 28 febbraio seguirono, nei giorni successivi, sanguinosi combattimenti sul Golico, lo Scindeli, il Beshishtit e la stretta di Dragoti. Le forze in campo, entrambe stremate, trascorsero il periodo attorno al 13 marzo in relativa calma. Il 18 i battaglioni "Cividale" e "Gemona" tentarono di riprendere q. 1.143 del Golico, ma la resistenza greca ebbe la meglio. Il 24 marzo si concludeva la battaglia, con un ultimo attacco verso la q. 1.143 del Golico, che non produsse risultati apprezzabili. La "Julia" perse in questo periodo 3.846 uomini, di cui 116 ufficiali.
Il 6 aprile la Germania attaccava la Jugoslavia, e subito dopo i panzer dilagavano in Grecia. Pochi giorni dopo iniziò la controffensiva italiana; l'inseguimento portò la Divisione "Julia" nella zona del canale di Corinto, dove rimase a presidio fino al ritorno. Nella primavera del 1942 fu disposto il suo rientro, che si effettuò in marzo. Durante queste operazioni il piroscafo Galilea, sul quale era imbarcato il btg. Gemona, venne silurato da un sommergibile inglese. Dei 1.532 uomini imbarcati se ne salvarono solo 246.

sabato 31 gennaio 2009

Centomila gavette di ghiaccio


« La visibilità divenne nulla, come ciechi i marciatori continuarono a camminare affondando fino al ginocchio, piangendo, bestemmiando, con estrema fatica avanzando di trecento metri in mezz'ora. Come ad ogni notte ciascuno credeva di morire di sfinimento sulla neve, qualcuno veramente s'abbatteva e veniva ingoiato dalla mostruosa nemica, ma la colonna proseguì nel nero cuore della notte. »

(passaggio tratto da Centomila gavette di ghiaccio)

Centomila gavette di ghiaccio è un romanzo autobiografico di Giulio Bedeschi pubblicato originalmente nel 1963 per l'editore Mursia ed è stato vincitore del Premio Bancarella nel 1964, ottenendo 86 voti su 140 schede valide.

Composto tra il 1945 ed il 1946 Centomila gavette di ghiaccio venne rifiutato da sedici editori nazionali prima che Mursia decidesse di pubblicarlo: da allora è diventato una delle opere culto della letteratura di guerra con circa tre milioni di copie vendute in 130 ristampe e nuove edizioni e traduzioni in francese, spagnolo, portoghese ed olandese.

Centomila gavette di ghiaccio tratta dell'esperienza bellica del sottotenente medico Italo Serri (pseudonimo dietro il quale si cela Bedeschi stesso) durante il secondo conflitto mondiale.

Inizialmente assegnato presso un reparto di fanteria, Serri viene impiegato sul fronte greco-albanese nel 1941. Successivamente viene trasferito al corpo degli Alpini, presso una batteria di artiglieria da montagna appartenente alla divisione alpina Julia.

Con questa unità Serri viene inviato al fronte russo dove partecipa alle operazioni dell'Armata Italiana in Russia. Nel dicembre 1942, una controffensiva russa sviluppatasi per liberare la città assediata di Stalingrado spezza il fronte italiano ed il Corpo d'Armata Alpino (formato dalle divisioni alpine Cuneense, Julia e Tridentina) viene sacrificato per bloccare l'avanzata sovietica per permettere la ritirata e la riorganizzazione delle unità italiane e tedesche coinvolte nello sfondamento. Dopo un mese di accanita resistenza gli alpini, il 17 gennaio 1943, privi di viveri e di munizioni, sono obbligati a ritirarsi, ormai accerchiati dalle forze russe.

Inizia così per Serri ed i suoi compagni una tragica ritirata con una temperatura di -40°, nel terribile inverno ucraino, senza cibo e con costanti combattimenti per svincolarsi dalla stretta delle forze russe.

Il 31 gennaio 1943 finalmente le truppe alpine raggiungono la zona controllata dall'alleato tedesco: dei 60.000 uomini partiti se ne salvano meno di 20.000, tra i quali Serri e pochi compagni della sua batteria d'artiglieria.

venerdì 30 gennaio 2009

La nascita della divisione


Terminata la Prima Guerra Mondiale, le Divisioni, i Raggruppamenti e i Gruppi vennero sciolti e, con decreto del 21 novembre 1919, vennero costituiti il 9° Reggimento Alpini e quattro comandi di Brigata. Il 20 aprile 1920 i comandi di Brigata vennero sotituiti da tre comandi di Divisione, trasformati nuovamente nel 1923 in comandi di Raggruppamento, il terzo dei quali riuniva il 7°, l'8° e il 9° Reggimento Alpini e il 2° Reggimento artiglieria da montagna. Per la legge 11 marzo 1926, i Raggruppamenti vennero un'altra volta sostituiti da Brigate: la III, in particolare, fu costituita dall'8° e dal 9° Reggimento Alpini e dal 3° Reggimento artiglieria da montagna. Venne così delineate, in modo pressochè definitivo, la struttura della futura Divisione "Julia", la quale, dopo aver subito un ulteriore rimaneggiamento nel 1933, assunse nel 1934 la denominazione di terzo Comando superiore alpino Julio, dal quale sarebbe derivata, l'anno successivo, la terza Divisione alpina "Julia".
Alla sua nascita, la "Julia" risultava così costituita: 7° reggimento alpini (battaglioni "Feltre", "Pieve di Cadore" e "Belluno"), l'8° Reggimento alpini (battaglioni "Gemona", "Tolmezzo" e "Cividale"), il 9° Reggimento alpini (battaglioni "Vicenza", "Bassano" e "L'Aquila"), 3° Reggimento artiglieria da montagna (gruppi "Belluno", "Conegliano" e "Udine") e una terza compagnia mista genio. negli anni successivi il "Bassano" fu trasferito all'11° Reggimento e il "Belluno" fu tresferito al 5° artiglieria. Nel 1937, durante la campagna italo-etiopica, la Divisione inglobò il 12° Reggimento alpini che sostituiva il 7°, inviato in Etiopia. Al termine di questa campagna, la "Julia" tornava su due Reggimenti alpini e un Reggimento di artiglieria.

per saperne di più: http://www.regioesercito.it/reparti/alpini/redivalp3.htm